Degustazioni, design e sostenibilità

Le Cantine diventano luogo di emozioni “multisensoriali” e centri produttivi rispettosi dell’ambiente.

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l piacere di degustare un buon vino nel luogo in cui viene prodotto, dialogare con le persone che lo hanno realizzato, è un’esperienza che ci avvicina alla tradizione delle nostre terre, al territorio e alla natura.

Diverse cantine hanno puntato proprio a questo connubio con la natura, sia attraverso architetture che in essa si integrano, sia con la creazione di luoghi di contemplazione, come anche introducendo processi produttivi sostenibili e tecnologie rispettose dell’ambiente.

Un “acino” tra i vigneti

A San Cassiano d’Alba nelle Langhe, comprensorio che nel 2015 è divenuto Patrimonio dell’Umanità, all’interno della Tenuta Monsordo Bernardina si trova la Cantina Ceretto e il suo “Acino”: una capsula trasparente che domina la valle e i suoi vigneti.

Questa insolita costruzione è stata concepita e progettata dagli architetti Deabate come luogo per eventi e degustazioni di eccellenza; l’ ”Acino” poggia su una struttura in rovere a sbalzo sulla valle ed è caratterizzato da un involucro trasparente realizzato in EFTE (Tetrafluoroetilene) un polimero termoplastico dall’elevata resistenza agli sbalzi termici e alle aggressioni chimiche utilizzato nel campo aeronautico.

Come in una capsula spaziale, dunque, dall’Acino si ammira lo sconfinato paesaggio sottostante di colline e vigneti.


immagine dell’ “Acino”, la struttura in tetrafluoroetilene, nelle Langhe, da cui è possibile ammirare le vigne circostanti.

Architettura… alle radici del processo produttivo

Immersa nei vigneti e nelle curve della collina del Montello in provincia di Treviso, la cantina Giusti Wine nasce dal desiderio del proprietario, Ermenegildo Giusti, di creare una struttura basata su un approccio alla viticoltura nel rispetto dell’ambiente e delle persone.


L’architetto Guizzo si è fatto interprete del pensiero di Ermenegildo Giusti e ha progettato una struttura che si inserisse nella natura circostante divenendone parte integrante e cuore pulsante.

Le coperture curve dell’edificio, parzialmente ipogeo, non solo ripropongono idealmente le curve delle colline nel quale è immerso, ma diventano esse stesse area viticola: i filari d’uva dalle colline proseguono in modo naturale sulle coperture della cantina.

Queste ultime, proprio perché considerate alla stregua del terreno coltivato e quindi soggette al passaggio di mezzi agricoli pesanti e quant’altro, sono state oggetto di un attento studio preliminare.

Per quel che concerne lo strato da coltivare a vigna, è stato steso quello proveniente dallo scavo, il suolo naturale che ricopriva l’area prima dei lavori (già adibito alla viticoltura).
Per lo strato sottostante, tra i diversi materiali, è stata utilizzata l’argilla espansa che garantisce un maggior isolamento e favorisce crescita delle viti.


Al quinto livello della torre situata al centro dell’edificio, si trova la terrazza con vista panoramica sui vigneti. Al di sotto di questa terrazza una scala elicoidale conduce i visitatori alla “promenade”, un percorso perimetrale alla cantina dal quale è possibile osservare senza disturbare i lavoratori, il ciclo di lavorazione e quello produttivo.

Sul lato ovest del complesso uno scivolo permette ai mezzi di trasporto di accedere alla cantina.


Le viti crescono sulla copertura della struttura della cantina Giusti Wine, la cui architettura simula il paesaggio collinare circostante.

«Non per essere visto, ma per vedere»

Pioniera dell’integrazione di un edificio nel panorama collinare è stata sicuramente la famiglia Antinori.


Il “quartier generale” Antinori nel Chianti coniuga in maniera emblematica tecnica e rispetto per il territorio. Si tratta di un complesso produttivo di 35’000 mq interrato tra le colline del Chianti, sulla cui copertura si continua a coltivare la vigna.


A differenza di molte cantine d’autore, l’edificio si confronta direttamente con il paesaggio ed è totalmente in armonia con la natura essendo stato concepito non per essere visto bensì per vedere.

Barricaia, cantina di fermentazione, uffici, ristorante, bottega, libreria, auditorium, tutto è rigorosamente nascosto, comprese le strade d’accesso, le aree di parcheggio, i magazzini e tutti gli spazi di servizio.

Un labirinto sotterraneo con terrazze per la degustazione, passaggi sospesi a pochi metri dai tini, volte a botte che evocano cantine del passato. Una struttura naturale in tutti i sensi compreso il sistema di raffreddamento per affinare il vino che è frutto della terra, come in passato e non di impianti di refrigerazione.


Sul tetto delle Cantine Antinori, nel Chianti, le coltivazioni seguono il loro naturale processo di crescita.
Foto: Walter Schärer, 2019.

L’ambiente è sempre protagonista

Nata all’inizio degli anni Ottanta, l’azienda Pizzolato vanta una lunga tradizione nell’agricoltura biologica: già nel 1991 ricevette una certificazione biologica per tutta la sua produzione.

La Cantina di Villorba a Nord di Treviso, ampliata nel 2016 su progetto degli architetti Adriano Marangon e Michela De Poli (Made Associati) rispecchia a pieno titolo la filosofia aziendale: il rispetto per l’ambiente e la sostenibilità ambientale.

Già nel 2010 sul tetto della cantina di vinificazione erano stati installati i primi pannelli fotovoltaici grazie ai quali si copriva il 50% dell’energia necessaria all’attività aziendale.

L’ampliamento del 2016 ha puntato sull’integrazione dell’edificio nel territorio e sull’utilizzo di materiali locali e legati alla tradizione del luogo: i listoni di faggio di rivestimento del nuovo volume provengono, infatti, dal bosco del Cansiglio, a 50 km dalla cantina.

Con il tempo il legno assumerà una colorazione più scura ossidandosi e si integreranno ancora di più con il paesaggio circostante, caratterizzato delle tradizionali costruzioni rustiche della campagna trevigiana.


L’azienda Pizzolato, di Treviso, è stata tra le prime a salvaguardare l’ambiente, installando pannelli fotovoltaici sulla copertura e utilizzando materiali a km zero per la costruzione dell’edificio principale.

Quando l’architettura è un’opera d’arte

Una gigantesca testuggine immersa nei vigneti, a questo rimanda la Cantina della tenuta Castelbuono della famiglia Lunelli a Bevagna in provincia di Perugia inaugurata nel 2012. Soprannominato il “Carapace”, l’edificio è stato concepito e progettato da Arnaldo Pomodoro come una vera e propria opera d’arte a grande scala.

L’artista, infatti, aveva espresso la sua emozione con queste parole: “Per la prima volta nella mia vita ho avuto l’emozione di poter camminare, parlare e bere all’interno di una mia opera”.


La genesi dell’opera in un certo senso nasce proprio dalla terra di origine dell’artista. L’intenzione di Pomodoro era quella di creare un edificio che si integrasse nel paesaggio circostante e così ha raccontato l’artista stesso: “Il paesaggio mi ricordava il Monte-feltro dove sono nato, così come l’ha raccontato in tanti quadri Piero della Francesca. Il mio intervento quindi non doveva disturbare la dolcezza delle colline dove si estendono i vigneti, anzi doveva integrarsi perfettamente con l’ambiente. Ho avuto l’idea di una forma che ricorda la tartaruga, simbolo di stabilità e longevità che, con il suo carapace, rappresenta l’unione tra terra e cielo”.


Così è nato il “Carapace”, caratterizzato da una grande copertura in rame solcata da crepe che rimandano ai solchi nei terreni arsi dal sole; all’interno sembra proprio di entrare in un’opera di Pomodoro, e, a pensarci bene, anche nel ventre della balena di Pinocchio, in un magico mondo fiabesco.


L’esterno del “Carapace”, concezione architettonica e artistica di Arnaldo Pomodoro, per la cantina della tenuta Castelbuono, a Perugia.

Un contesto che prende gusto

Girare per le cantine vinicole ha assunto ormai nuovi significati: non solo vino, ma anche sperimentazione, cultura, arte e amore per la natura e per l’ambiente.

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